NYC-CUN-MIA – 13 novembre (pomeriggio)

Un altro tipico pasto in puro stile americano, o più correttamente di Wall Street, è quello acquistato sulla strada. Quasi tutti gli ambulanti sono immigrati e, quindi, pensavamo che a quasi ogni angolo della città si trovassero stili di cucina provenienti da ogni parte del globo, con una certa predominanza di asiatico e mediorientale. Ma per l’unico pasto che avremmo consumato in zona, non avevamo dubbi: doveva essere un tipico hot dog acquistato sotto uno dei severi grattacieli e gustato (o ingurgitato) camminando.

Così abbiamo iniziato la ricerca del nostro baracchino di street food. Ci siamo incamminati lungo Fulton Street, ma di baracchini e del nostro hot dog non v’era traccia… Iniziavamo veramente ad avere fame e anche sete. Visto lo scarso successo, avevamo perciò deciso di entrare in un piccolo supermercato con delle sedute, dove c’era gente che stava mangiando. Il Key Food sulla Fulton, sebbene molto frequentato, offriva però solo pasti caldi (tipo pasta, riso, salse, etc.) da consumare sul posto. La nostra idea era appunto di prendere qualcosa di veloce e da mangiare girando. C’era ancora molto da visitare e non volevamo perdere tempo. Ci siamo perciò decisi per dei centrifugati: uno fatto di cactus, pera e limone; l’altro di limone, kiwi e cavolo.

Siamo quindi usciti per tornare verso Sud, lungo Water street e passando accanto al parco del memoriale del Titanic. Magari percorrendo ancora qualche centinaio di metri avremmo trovato qualcosa anche da mangiare che c’ispirasse maggiormente. E così infatti è stato: trovato baracchino e anche hot dog, che abbiamo rigorosamente mangiato all’ombra (nel frattempo era uscito il sole) di uno dei palazzi vicini all’East River.

La prossima meta che volevamo raggiungere era il ponte di Brooklyn. Da dove ci trovavamo non sembrava molto distante. L’accesso pedonale si trova infatti di fronte al City Hall e per raggiungerlo saremmo dovuti di nuovo passare dalla Broadway o da una delle parallele. La zona si caratterizza da una serie di palazzi amministrativi, sia cittadini sia statali.

Avevamo già trascorso diverse ore in piedi e iniziavo ad accusare un po’ di male alla schiena e alle gambe. Per paura del freddo avevo messo degli UGG, ma per i chilometri che avevo fatto e che ancora dovevo fare non si era rivelata una grande scelta. Infatti, man mano che salivamo lungo il passaggio pedonale che porta verso Brooklyn, ero sempre più dolorante e acciaccata. Ci siamo detti che non avrebbe fatto molta differenza arrivare a metà o al primo pilone del ponte.

Tornati a Manhattan il percorso prevedeva di transitare da Chinatown e Little Italy. Superiamo il noto David N. Dinkins Manhattan Municipal Building e tutti i palazzi di giustizia, comprese le correzionali, lungo Center Street, per arrivare fino alla Walker e, qualche metro dopo, a Canal Street. In pratica avevamo saltato la “porta d’entrata” caratteristica, ma ci siamo ritrovati in piena Chinatown. Se non altro, le insegne con gli ideogrammi parevano confermarlo.

Imboccata Canal Street, la percorriamo fino alla Mercer. L’idea era quella di arrivare fino a SoHo (che sta per South Houston) e poi tornare verso Little Italy, con nel frattempo l’intento di trovare un negozio di sport-wear per finalmente permettermi di togliermi gli stivaletti pelosi e mettere qualcosa di più adatto. Intanto avremmo visto un po’ il quartiere transitando da una strada con il ciottolato e non fatta di asfalto.

Mercer Street (ma non solo) è caratterizzata da atelier e laboratori, un po’ di moda e un po’ d’arte, nonché negozi dei più blasonati brand. Infatti, ci imbattiamo nel Nike Store di SoHo, nel quale entrambi ci regaliamo l’ultimo modello di scarpe da corsa (per la precisione: Nike Air Zoom Pegasus 34 Shield) e, soprattutto a me, finalmente un gran sollievo ai piedi.

Abbiamo continuato a camminare fino a incrociare la Houston. A sensazione, eravamo decisamente lontani da Little Italy o comunque non esattamente in chiaro su come ritornarci. Decidiamo di passare da una stradina con dei locali caratteristici (Mulberry St.) per poi svoltare sulla Spring. Non sappiamo come, ma ci siamo ritrovati nel Sarah D. Roosevelt Park, al confine di un quartiere decisamente non in una zona tipicamente turistica di New York. Decidiamo di costeggiare il parco verso Sud fino all’incrocio con la Delancey e poi di svoltare in direzione della Bowery.

Di nuovo a sensazione, sembrava che il senso dell’orientamento di Ryan fosse ritornato… La conferma, il cartello stradale con l’indicazione per Chinatown e Little Italy!
Erano da poco passate le 4:00PM e finalmente, incrociando nuovamente la Mulberry (bastava andare diritto!), siamo davanti all’insegna di Little Italy. Inutile dire che si tratta di un angolo alquanto pieno di stereotipi e con richiami al proibizionismo degli Anni 30 del secolo scorso. C’era ancora molto da vedere. Aver girato a zonzo per quasi 2 ore era sì affascinante, ma era anche tempo di focalizzarci su quello che era in programma. Next stop previsto: il famoso Flatiron building.

C’è da aggiungere che i cinesi sono un po’ dappertutto. Quindi di negozianti orientali anche nella zona di Nolita (North Little Italy) ve ne sono parecchi. Passando davanti a un ferramenta (cinese ovviamente) decidiamo di chiedere se per caso hanno un convertitore per il mio asciugacapelli da 2000W. La risposta è positiva, ma il costo proibitivo: $190! Forse acquistarne uno nuovo negli USA o in Messico pareva perciò essere una valida alternativa. Imbocchiamo Crosby Street per superare Lower Manhattan e NoHo (dunque North Houston), per poi incrociare il Flatiron lungo la Broadway.

Un impellente bisogno di un bagno inizia a fare capolino. Decidiamo di svoltare a destra sulla 14esima, nei pressi di Union Square. Ci sembrava giunto il momento di fare una sosta, magari un aperitivo prima di cena. Ormai era anche diventato buio. E così, alle 5:00PM ci sediamo in una specie di diner, chiamato 5 Napkin Burger (150E 14th Street, angolo con la 2a Ave). Inutile dire che invece di uno spuntino abbiamo optato per passare direttamente alla cena con due giganteschi panini e patatine, birra e succo di cramberry, nonché cheesecake da manuale, come se stessimo patendo la fame da giorni. In poco meno di un’ora eravamo di nuovo per strada.

Nuovamente raggiunta la Broadway, e passato ciò che rimaneva del mercatino nel parco di Union Square, non ci mancava molto ad arrivare di fronte al Madison Square Park e intravvedere l’Empire State Building. Eravamo ormai giunti sulla 5th Ave. Dopo il Flatiron toccava al Madison Square Garden, sulla 34a (stessa strada dell’Empire). Quella sera giocavano i New York Knicks contro i Cleveland Cavaliers. Abbiamo quindi dato un’occhiata, dall’esterno, alla Penn Station e, tornando verso l’Empire, a Macy’s. Mancava l’ultima tappa della giornata.

Imboccata la 5a e poi la Madison, ormai deserta, eravamo arrivati finalmente alla stazione di Grand Central sulla 42a. Trovarla era stato facile, visto che è a un centinaio di metri di distanza dall’inconfondibile Chrysler Building. Non lasciano indifferenti la biglietteria e il suo orologio, nonché la volta decorata. Ma non solo: avevo letto del “whispering corner” e per una volta tanto ero io quella che aveva un hint esclusivo da condividere. Si tratta di una non conosciuta particolarità in una zona delle gallerie, dove due persone, da due colonne opposte, riescono a comunicare semplicemente bisbigliando.

Era ormai tempo di rientrare. Da Grand Central a Times Square la distanza è di pochi minuti se si passa dalla 5th Avenue e poi da una delle perpendicolari. Ci siamo imbattuti in un gruppo di artisti di strada che aveva raccolto attorno a sé un folto pubblico. La stanchezza però iniziava a farsi sentire.

Un ultimo scatto al Walter Kerr Theater che ospitava alcune serate live di Bruce Springsteen (a 200m dal nostro albergo) e la giornata volgeva al termine. Avevamo percorso più di 32km (a dire il vero io 34 e oltre — per essere precisi —, anche se credo ciò fosse dovuto al GPS e non tanto al percorso effettivamente fatto, visto che per tutto il tempo eravamo sempre insieme…). Alle 9:30PM luci spente e nanna.